venerdì 23 agosto 2013

Immigrazione: una riflessione

Di ritorno dalle vacanza, concedetemi una piccola riflessione, banale e limitata.
Le notizie odierne sui profughi siriani riportano (e  ce n'è sempre bisogno) l'attenzione sul tema dell'immigrazione clandestina e non.
Sono tornata da alcuni giorni di vacanza in un campeggio. Il campeggio è un luogo nel quale tu disponi di pochissimo spazio privato che viene compensato da spazi ampi e servizi che sono di tutti. Appena ti azzardi a fare qualcosa che possa daneggiare ciò che è di tutti, vieni ripreso e riportato all'ordine. Infatti, pur essendo in Italia, non c'è sporcizia per terra nonostante la scarsa presenza di bidoni dell'immondizia.
Premettendo che non credo che questa sia la situazione in tutti i campeggi, la riflessione è questa: più sentiamo nostro quel che è di tutti, più lo rispettiamo e ne abbiamo cura, vigilando che tutti facciano lo stesso.
(Mi verrebbe anche da aggiungere che più troviamo luoghi curati, più siamo incentivati a trattarli bene).
Allora forse le persone che arrivano nel nostro Paese, andrebbero stimolate a sentirsi a casa e a sentire loro quel che è di tutti, così ne avrebbero cura e lo valorizzerebbero.

domenica 11 agosto 2013

A fidarsi non si sbaglia mai



Il titolo di questo post è una provocazione per me che sono stata cresciuta a pane e sospetto.
Per l’ennesima volta, la Vita mi sta dimostrando che ci si può fidare. Posso riporre fiducia in Lei e nelle persone che amo.
Non è facile.
Quando voglio andare dritta per la mia strada, ecco che trovo un ostacolo che mi blocca il percorso. Così, frustrata e in collera, devo tornarmene indietro e trovare un’altra via. Dopo giri tortuosi, il risultato si presenta inaspettato. Altre volte mi preparo a scalare una montagna e dopo un paio di passi la vetta è già lì, oppure il successo si presenta sotto mentite spoglie. In alcuni casi capisco il senso dei ritardi o degli anticipi, più spesso rimangono oscuri, come i disegni che il Destino intesse per me.
Ma sempre mi ritrovo a ringraziare e a dirmi che potevo fidarmi, anche del dolore.
A questo proposito, mi torna alla mente un brano che ho presentato durante un incontro al Salone del Libro di Torino di quest’anno. È una storiella che ho riscritto a mio modo e che conosco da una vita (ma ne ignoro l’autore).
Eccola …

“Alla fine dei miei giorni, sedevo su una collina di sabbia in riva al mare.
Sulla sabbia bagnata dall’acqua, una lunga fila di orme: il cammino che era stata la mia esistenza. Ma non c’erano solo le mie orme: c’erano anche quelle che la Madre Vita aveva lasciato, accompagnandomi.
I miei passi apparivano a volte leggeri, a volte pesanti. A volte spensierati, a volte impauriti. A volte sembravano una danza, a volte erano trascinati e stanchi, ma sempre le impronte della Vita mi seguivano: delicati e possenti allo stesso tempo.
Poi notai che, per lunghi tratti, rimanevano un solo tipo di orme. Ricordavo quei momenti: erano i momenti più bui della mia esistenza. Quelli in cui temevo di non farcela, quelli in cui avevo desiderato farla finita.
Allora mi rivolsi alla Vita, colmo di rabbia: «Perché mi hai abbandonato proprio nel momento del bisogno?» le chiesi.
Una voce al mio fianco mi rispose ed io mi volsi di scatto, perché pensavo di essere solo.
La Vita mi sorrideva e indicava la sabbia bagnata. «Io sono sempre stata con te. I tratti in cui vedi solo una fila di orme sono i momenti difficili, quelli in cui ti portavo tra le mie braccia».
Sono sempre stato in ottime mani.”