mercoledì 25 settembre 2013

Lo zen e l'arte di accatastare la legna

Non possedendo grandi poteri come la maggior parte dei personaggi dei miei libri, mi arrangio come posso.
Come tutti, cerco di imparare da quello che mi accade e, a volte, succede che anche lo svolgimento di un lavoro semplice possa insegnare qualcosa.
Ecco le semplici indicazioni suggeritemi dall'accatastamento della legna in vista dell'inverno.
- Preparati all'inizio: concediti un po' di tempo per preparare ciò che stai per fare. Celebra l'inizio delle cose e impegnati a iniziare meglio che puoi. Le cose si possono sempre correggere strada facendo, ma una catasta male impostata è difficile da raddrizzare.
- Mentre accatasti la legna, accatasta la legna e basta: non sovrapporre mille attività, dedicati al compito che stai svolgendo completamente. Diventerà una specie di meditazione. (Più il compito è semplice, più è indicato a questo scopo). Questo mi ricorda una storia buddhista. Ve la riassumo con parole mie.
L'allievo andò dal maestro e gli chiese: "Maestro, come è cambiata la tua vita dopo l'illuminazione?"
Il maestro tace e poi risponde: "Prima dell'illuminazione, mangiavo, camminavo e dormivo. Dopo l'illuminazione: quando mangio, mangio. Quando cammino, cammino. Quando dormo, dormo".
Semplice, no? No, non è semplice, ma andiamo avanti.
- In qualsiasi momento, anche se sei già andato molto avanti, se avverti il bisogno di tornare sui tuoi passi, abbi il coraggio di farlo. 
- Quando hai finito, osserva il tuo lavoro con aria compiaciuta (anche se in quel momento la catasta di legno si rovescia sui tuoi piedi). Ci sono il tuo tempo e il tuo impegno lì, non darli per scontati.

Buon lavoro a tutti!

Angolo dell'autocelebrazione: avete notato che c'è una nuova pagina nel blog? L'ho chiamata "Scrivono di me" e raccoglie gli spazi che sono stati dedicati a me e alle mie pubblicazioni.

lunedì 16 settembre 2013

Come un pugno allo stomaco

Oggi avevo deciso di scrivere altro, ma la vista di alcune foto mi ha talmente sconvolto che i miei occhi sono ancora pieni di quelle immagini.
Sembravano solo addormentati, invece i tanti bambini sdraiati a terra erano morti.
Bambini siriani uccisi con gas letale... 
La mente sovrappone quell'immagine ad altre, terribili, già viste e non si capacita.
Per un angosciante gioco di proiezioni, quei bambini sembrano il mio o i tanti altri che in questi giorni vedo andare a scuola o all'asilo e non mi capacito.
Tra la rabbia, l'impotenza e la nausea, il  mio stomaco si contorce e non mi capacito.
Non mi abituerò mai a sentir parlare di guerre e di innocenti uccisi, per questo ringrazio.
Voglio continuare a stare male ogni volta e a sentire le budella rivoltarsi, perché significa che ancora la mia coscienza non si è addormantata e che non dimenticherò.

venerdì 6 settembre 2013

Andiamo al parchetto?

Dove abito c'è un parco dietro un castello abbandonato con pochi giochi e quasi sempre deserto. Allora, io e il mio bimbo ci muoviamo raminghi per il mondo e nel tempo abbiamo visitato un buon numero di parchi in zone vicine e lontane.
Non potendoci avviare a piedi verso un parchetto nel quale si possono trovare bambini che vivono vicini, abbiamo fatto di necessità virtù e adesso possiamo stilare un piccolo studio sociologico e logistico sulla natura dei vari parchi.
Potremmo dire: zona che vai, situazione che trovi.
C'è il parchetto vicino casa (appunto), spesso vuoto e con pochissimi giochi, nel quale c'è però un lungo scivolo coperto che quando ti lanci in discesa puoi immaginare di uscire in un'altra dimensione.
C'è il parchetto vicino al centro anziani, con un bel parco fresco, qualche gioco e la possibilità di fare due chiacchere con i nonni.
C'è il parchetto vicino al Parco Avventura, con dei giochi tutti particolari e la bellissima frase di Goethe incisa su una pedana ("I monti sono maestri muti e fanno discepoli silenziosi").
C'è il parchetto (che avevano tentato di chiudere) frequentato da tanti bimbi e con una casetta di legno che qualche piromane idiota incendia puntualmente. Ma tanto quando la sistemano ci vanno i ragazzi grandi a baciarsi e i piccoli devono aspettare!
C'è il parco vicino al Po con tanti giochi ma, soprattutto, con una mega struttura per pattini e skate nella quale è bello andare a fare i matti, salendo e scivolando (con i piedi).
C'è il parchetto di periferia in mezzo al traffico e sotto una candela di sole impossibile (da frequentare solo quando piove!).
C'è il parchetto frequantato da mamme rumene gentilissime che hanno bimbi che condividono i loro giochi volentieri.
C'è il parchetto multietnico, che è un collage di lingue.
C'è il parchetto vicino al torrente, che quando ti stufi delle giostre puoi andare a tirare sassi nell'acqua.
E quando si torna a casa, ci accoglie il silenzio frondoso degli alberi ed è bello ascoltare le emozioni appena vissute.