mercoledì 17 dicembre 2014

Ombra è Luce

Ho camminato a lungo in quel corridoio cavernoso e scuro, forse per mesi.
All’inizio la luce rischiarava le pareti e rendeva sicuri i miei passi. Poi, gradualmente, senza che me ne accorgessi, si è affievolita e mi sono ritrovata sola nelle tenebre.
Un tempo conoscevo la mia storia e potevo cantare, come in una filastrocca, il nome dei miei simili. Non so come sia accaduto che li ho dimenticati. Così come ho scordato il significato del mio vagare, ho scordato chi sono.
Forse perché mi sentivo davvero sola, ho cominciato a parlare con ciò che era davvero presente. L’oscurità.
«Puoi sentirmi?» gli domandavo. «Quando finirà tutto questo? Quando tornerà la luce? Non mi ricordo più come sono fatta.»
Ma l’oscurità non mi rispondeva, restava silenziosa a osservarmi.
Qualche volta mi riposavo, desiderando una carezza, ma nessuno veniva.
Un giorno mi sentivo così stanca che ho smesso di avanzare.
Non volevo più andare da nessuna parte, non desideravo più nulla.
Allora l’oscurità mi ha parlato.
«Perché ti sei fermata?»
Credevo di essermelo solo immaginato, ma la voce è tornata a chiedere: «Perché non vai avanti?»
«Sono stanca e sono sola» ho risposto con un filo di voce.
«Ma tu non sei sola, ci sono io con te» ha protestato l’oscurità.
«Non ti sei mai fatta vedere.»
«Nessuno mi vede, perché sono buia.»
«Perché non mi hai risposto quando ti chiamavo?»
«Non pensavo parlassi con me.»
«E con chi allora? Qui non c’è nessuno» ho detto esasperata.
«Ti sbagli, qui ci sono tante cose. Basta saper guardare.»
Rimasi in silenzio.
Allora l’oscurità mi ha fatto vedere le cose che avevo intorno. Lei mi indicava dove guardare e, se mi concentravo, potevo vedere tanti oggetti dimenticati che mi erano appartenuti.
Una vecchia caffettiera, un pallone sgonfio, un libro mai finito, la fotografia del mio gatto e quella di un amico che ho perduto.
«Continua, guarda bene» mi incitava l’oscurità. Ed io guardavo meglio.
Così ho visto i volti di tante persone che non mi ricordavo di aver incontrato. Ho rivisto i momenti difficili, pastosi di sofferenza e aguzzi di dolore, e quelli lieti, soffici di risate.
Non mi sentivo più triste, perché c’era l’oscurità a tenermi compagnia.
«Non ti fermare, vai avanti!» diceva l’oscurità.
«Perché sei così gentile con me?»
«Perché tu sei importante per me.»
«Io sono importante? Non so nemmeno chi sono.»
«Anch’io non sapevo chi ero, sei stata tu a farmelo capire» mi ha detto l’oscurità.
Ero sempre più stupita e non capivo, ma l’oscurità continuava a dirmi di andare avanti.
Finché non ho visto una piccola luce, là in fondo al corridoio.
Colma di gioia ho cominciato a correre.
A mano a mano che mi avvicinavo, la luce aumentava e mi abbagliava.
Alla fine del corridoio ho trovato la risposta a tutte le mie domande. Uno specchio. Uno specchio che rifletteva la mia immagine.
L’oscurità era vicina a me, ai margini del mio campo di luce.
«Sei tu, sei tu la luce che cercavi» mi ha detto. «È grazie a te se io mi conosco e contemplo i miei confini.»
Per tutto quel tempo avevo vagato, dimentica di tutto, alla ricerca di qualcosa che solo io potevo darmi.
Anche adesso, che brillo nel cielo consapevole del mio splendore, so che un giorno tornerò a perdermi per corridoi bui e che mi ritroverò solo grazie all’oscurità, mia sorella.

жжж

Se avete camminato al buio, in luoghi sconosciuti, senza qualcuno che vi indicasse la strada, allora sapete come ci si senta sperduti e intimamente impauriti.
Anche quelli che non temono il buio conoscono l’inquietudine che le tenebre sanno agire.
Questo è un periodo dell’anno particolare. Nell’ordine ciclico stabilito dalla rotazione dei pianeti, adesso stiamo vivendo un periodo di massima oscurità, che raggiungerà il suo culmine intorno al ventuno dicembre, solstizio d’inverno.
Non ce ne siamo resi conto, presi dall’euforia della stagione estiva, ma le giornate si stavano già accorciando, e adesso questo processo decrescente volge al termine.
Tutte le culture, dagli egizi ai persiani, dai greci ai popoli nordici, hanno celebrato questo periodo per il suo profondo significato simbolico e, forse, per esorcizzare qualche paura.
Tutti nell’emisfero nord, e anche la nostra cultura non fa eccezione, in questi giorni si preparano a celebrare la luce.
Perché è vero che l’oscurità è nella sua massima espressione, ma è anche vero che, nel momento in cui saremo all’apice della notte, proprio in quel momento la luce risorgerà.
Abbiamo perduto il contatto con i ritmi naturali, abbagliati dalla luce artificiale quanto le falene, ma questi giorni bui che volgono al termine, sembrano suggerirci che l’alternanza di periodi oscuri, propizi all’introspezione, e di giorni luminosi sia nello stato delle cose, che non si possa tenere solo metà della mela in mano, e che la luce abbia bisogno dell’oscurità per risplendere, così come noi necessitiamo di periodi difficili per scoprire noi stessi.

Abbiate cura di voi,  della luce e dell'ombra che siete!

venerdì 12 dicembre 2014

Il dio degli errori

"Credo che esista anche un dio delle piccole cose ..." canta Max Gazzé in una canzone.
Se esiste il dio delle piccole cose, esiste anche quello degli errori. Ne sono certa.
E' il dio che si nasconde agli incroci e ti fa prendere la strada che non volevi, quello che si infila nella penna a sfera e ti fa sbagliare le risposte nei compiti in classe o agli esami di ammissione all'università.
Me lo figuro non molto alto di statura, con la pelle grigia e un abito sgualcito e incolore, per passare inosservato. Uno gnomo dispettoso.
Ci suggerisce le persone sbagliate nelle quali riporre fiducia e ci fa calcare la mano con il sale quando cuciniamo per una cena importante.
Ci fa dire le cose sbagliate, nel momento sbagliato, alla persone sbagliate. E non c'è rimedio.
Rende il nostro passo malfermo nel ghiaccio e ci fa ruzzolare a terra.
Quando fai la spesa, ti fa comprare il prodotto che non volevi.
Ti confonde e scegli il compagno imperfetto, ti inganna e finisci con l'accettare un lavoro che non fa per te.
E' il dio dei ritardi, delle mancanze, delle gaffe, dell'abbaglio, della cantonata colossale.
Lo vorremmo scansare a ogni angolo e invece lui è lì a ricordarci la nostra imperfezione e la nostra fragilità di fronte alla Vita.
E' il dio degli errori eppure è un errore anche chiamarlo così. 
E' il dio delle opportunità che non vorremmo cogliere, ma che la Vita ci vuole a tutti i costi suggerire.

Abbiate cura di voi e delle opportunità che gli errori regalano!

venerdì 21 novembre 2014

Piccoli atti di resistenza al potere

Tutto quello che ci capita di vivere da piccoli ci segna e indica la piega che alcuni aspetti della nostra vita prenderanno.
Il primo atto di resistenza al potere che io ricordi è qui di seguito riportato.
Ho frequentato un asilo gestito da suore alla fine degli anni '70.
A tre anni ero già persuasa che qualsiasi  mia azione potesse potenzialmente offendere (nell'ordine): mia madre, mio padre, le suore, Gesùbbambino, i santi e tutto quello che si trova nel cielo.
In più, dopo pranzo ero obbligata a fare il riposino. Ora, io ho smesso di fare il riposino a un anno di vita e in questo asilo non c'erano nemmeno i lettini, quindi ci costringevano a dormire seduti sulle sedioline e con la testa poggiata al tavolo.
L'unica comodità che ci veniva concessa era un piccolo strato di gommapiuma (ostinatamente chiamato "cuscinetto") su cui potevamo poggiare la testa. Il mio era rosa, se visto da lontano, oppure a quadretti piccolissimi bianchi e rossi, se ci schiacciavi la faccia.
I tavolini  su cui avremmo dovuto dormire erano raggruppati, così la mia testolina era confinante con altre tre.
Per un periodo sedetti vicino a mio cugino (che qui ricorderò con il suo nomignolo) Tex, il suo miglior amico Ambro (anche questo è un nomignolo) e un altro bimbo o bimba che non ricordo chi fosse perché era l'unico/a a dormire.
Quando si faceva silenzio, Tex scostava il cuscino e cominciava a produrre con la bocca una sostanza che non era saliva, ma una schiuma densa e bianca. Poi, con un movimento molto preciso delle labbra, gonfiava il tutto e ne usciva una bolla indistruttibile. 
Io non sono mai riuscita a fare una cosa del genere, al massimo potevo produrre una pozza di saliva incolore. A Tex andava tutta la mia ammirazione (tuttora lo stimo moltissimo), non solo perché sapeva fare delle bolle che nemmeno il sapone di marsiglia, ma anche perché, silenziosamente e pacificamente, sfidava il potere.
Se una delle suore percepiva dei movimenti, o dei bisbigli, e si avvicinava ai banchi, Tex in un solo risucchio silente inglobava la poltiglia bianca, e spostava il cuscino a coprire il tutto.
Noi chiudevamo gli occhi e fingevamo di dormire, così non ci hanno mai scoperti.
Questo ricordo, francamente disgustoso, è il simbolo della resistenza dissacrante che i piccoli possono agire nei confronti dei poteri forti.
Non sarà certo così che si sovverte il sistema (e il sistema siamo noi, ricordiamocelo), ma trovo che piccoli atti di resistenza pacifica siano profondamente liberatori.
Oggi, tutte le volte che ci sentiamo oppressi, concediamoci (almeno con il pensiero) un atto di resistenza. 
E se non siamo portati per gli atti rivoltosi, almeno compiamone di rivoltanti.

Qual é stato il primo atto di resistenza al potere che ricordate?

Abbiate cura di voi e della vostra  piccola resistenza silenziosa!

mercoledì 5 novembre 2014

Tutti, ma proprio tutti

Adesso, al mio "tre", facciamo un bel respiro profondo e poi tutti, ma proprio tutti, ci mettiamo a fare le seguenti cose:
 - tutti, ma proprio tutti, leggiamo la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e impariamo a rispettarla;
- tutti, ma proprio tutti, paghiamo le tasse (anche quelli che i soldi ce li hanno, mi raccomando!);
- tutti, ma proprio tutti, ci indigniamo quando vengono calpestati i diritti sanciti dalla Costituzione;
- tutti, ma proprio tutti, andiamo a votare, e scegliamo candidati che non calpestino i diritti sanciti dalla Costituzione ( e che non abbiamo pendenze con la giustizia);
- tutti, ma proprio tutti, paghiamo per i nostri errori. Non cerchiamo scuse, non cerchiamo di insabbiare, e attendiamo l'esito delle nostre azioni, fosse anche il perdono;
- tutti, ma proprio tutti, la smettiamo di buttare l'immondizia in giro (anche i filtri delle sigarette);
- tutti, ma proprio tutti, la smettiamo di sgomitare cercando di scavalcare qualcuno e, ogni tanto, cediamo il passo;
- tutti, ma proprio tutti, mangiamo quello che vogliamo, però prima di farlo pensiamo a se ci farà bene o no.
 
Direi che come inizio non è male.
Siete pronti?
Uno, due, tre ... VIA!!!
 
Abbiate cura di voi e di quel che fa bene alla società.

giovedì 16 ottobre 2014

M

In manicomio che non avevi diciotto anni.
Cercare di sopravvivere.
Rubare per aver qualcosa di tuo, rubare per colmare il vuoto.
Sigarette, pennarelli, carta, cibo.
La sera, la perquisizione e poi nello stanzino di contenzione ad aspettare il mattino.
I farmaci, le botte.
Gambe divericate e mani al muro, nudo mentre ti bagnano con una canna d'acqua.
Muoversi furtivi, quasi senza toccare terra.
Tutto quello che possiedi lo porti con te.
Il cambiamento.
Conoscere persone che ti parlano in modo diverso, che ti parlano.
Una casa nuova nel manicomio.
Sconcertato, più di quanto lo siano gli altri nel conoscere la tua storia.
Letto nuovo, coperte, lenzuola colorare.
Abiti nuovi.
Fughe, botte, ancora furti,  perché è più forte di te.
Un paio d'anni  e tre TSO prima di decidere che vuoi restare lì, in quella casa diversa.
Decidere di fidarti.
Farti amare per quello che sei.
Andare in giro, andare al mare.
La mattina, bere un caffé e fumare una sigaretta vicino al lago.
La sera, allungare le braccia come un bambino e farsi dare un bacio prima di dormire.
La malattia, beffarda.
Resistere, sopportare il dolore, farti accudire da persone che ormai ti amano tanto.
Una visita veloce per salutarti, prima che sia troppo tardi.
Un ultimo bacio.
Un fiore il giorno del tuo funerale.
Ciao

Abbiate cura di voi e delle persone che hanno segnato la vostra crescita.

lunedì 6 ottobre 2014

La papera blu

La scorsa settimana mio figlio ha avuto un paio di mattine difficili. L'inizio dell'asilo, il distacco da casa dopo una lunga estate trascorsa assieme, compagni nuovi e compagni vecchi che non c'erano più.
Eravamo già in classe, lui non voleva staccarsi da me, però guardava gli altri bambini e si sarebbe volentieri aggiunto a loro. Spaccato a metà tra la mamma e il mondo, non sapeva decidersi e stava evidentemente male. 
Io gli stavo vicino per rassicurarlo, ma non sapevo più cosa dire o fare.
D'un tratto, si avvicina una bimba che estrae da una tasca una piccola papera blu di plastica.
La porge al mio bimbo che la guarda e sorride. Anche se ci sono voluti ancora dieci minuti perché decidesse di andare e salutarmi, io ho avuto la netta sensazione che la papera sia stata determinante. E' stata un segnale decisivo, quell'elemento imprevisto che indica un possibile cambiamento. Basta coglierlo.
Tornando a casa ho pensato alle mille volte in cui mi sono trovata ingarbugliata in stati d'animo sofferenti e angosciosi dai quali pensavo di non uscire mai, alle giornate storte, quelle in cui l'umore sembra dover restare uggioso e scontroso come una nuvola di temporale. E poi, come una papera blu estratta dal taschino, qualcosa capitava a cambiare il corso della storia. 
Molte volte credo di non aver visto quella papera, non l'ho colta. Era lì davanti a me, ma non sono riuscita a seguirla. Sì, perché qualche volta abbiamo proprio tanta voglia di restare nel nostro brodo di malinconia e disperazione.
La vita ci propone una serie di papere blu e le mette nei posti più impensati. Sotto il cuscino la mattina, nella tazza del latte, nel dentifricio, sul cruscotto della macchina, tra i denti del collega, nell'insalata, in mezzo alla strada. Non si arrende mai, siamo noi che non le vogliamo vedere. 
Perché, non mi stancherò mai di dirmelo, stare bene è una scelta.
Allora, dato che tristemente hanno riaperto la caccia, tutti (metaforicamente) a caccia di papere blu!

Abbiate cura di voi e delle vostra papere blu!

domenica 14 settembre 2014

Problemi

C'è un problema che accompagna i giorni e le notti.
Un problema profondo e angosciante che a volte mi getta in un luogo che assomiglia a un mare scuro.
Annaspo per stare a galla e respirare. Il più delle volte ci riesco, qualche volta, invece, vado a fondo e sento che non posso fare diversamente.
E' proprio nel momento in cui affondo, e temo di non risalire, che mi torna alla mente una frase di Roberto Assagioli (tanto per cambiare):   "I problemi non si risolvono, si dimenticano".
L'idea di dimenticare il mio problema è abbastanza lontana dal sembrarmi realizzabile, ora.
E' costantemente con me, anche quando mi sembra di averlo seminato e non lo vedo in giro, so che ce l'ho  dentro.
Vorrei viverlo come un'opportunità di crescita e basta già adesso, ma so che non è ancora il momento. Vorrei che mi venissero fornite altre opportunità di crescita, diverse. Lo dico davvero, perché sono stanca. Stanca di stare male e di vedermi soffrire.
E' anche vero, come starete pensando in molti, che viviamo in una valle di lacrime ... ma andiamo oltre.
Questa frase provocatoria sui problemi che si dimenticano mi solletica da qualche parte.
Anche Neruda scrive una cosa simile in una sua poesia, quando consiglia di non alimentare i problemi così si risolveranno.
Cosa mi impedisce di abbandonare il problema? Il fatto che coinvolga una persona che amo più della mia vita? Ma non sto abbandonando la persona, solo quello che per me ora è un problema e che per i saggi di tutto il mondo è ... ditelo insieme a me, per favore ... UN'OPPORTUNITA'! Bravi!
Inoltre, le persone "sane" sono in genere felici di non essere guardate per i loro problemi o presunti tali.
Che cosa può ancora impedirmi di lasciare andare? Il fatto di non averlo risolto?
In questo momento, tutto quello che è possibile fare è stato messo in atto. Si attendono illuminazioni.
Allora? Cosa rimane?
Forse il non riuscire ad accettare la situazione per quella che è. E finché ciò non avverrà, nemmeno una trasformazione sarà possibile.
L'accettazione comporta però una certa conoscenza del problema. Ma, direte voi e dico anch'io, ormai questo problema lo conosco!
E invece, no.
Vivere tutto il giorno in balia di una preoccupazione non significa conoscerla, come non conosci il collega rompiballe solo perché lo sopporti per otto ore al dì. Lo conosci se hai la decenza di fermarti e chiedergli: "Perché sei un rompiballe?"
Questo comporta chiaramente un distacco che non ho e allora la prima cosa da fare è crearlo.
Uno spazio piccolo, piccolo, quasi un foglio di carta, ma è già qualcosa.
Uno spessore che assomiglia a una piccola dimenticanza, come quando dimentichi di fare una telefonata che comunque potrai fare domani senza problemi.
Una piccola dimenticanza è quello che mi ci vuole, simile a una piccola vacanza.
Quando tornerò, il mio problema sarà ancora lì ma, forse, rivedersi dopo un breve periodo di distacco farà bene a tutti e due.
... Oppure scoprirò che lui ne ha approfittato per lasciarmi, senza neanche una lettera, perché, in fondo, ne aveva le balle piene di me!

Abbiare cura di voi e dei vostri problemi!

domenica 31 agosto 2014

Pensieri volanti # 1

Non mi lodare, perché un giorno io ti deluderò.
Forse lo sto facendo proprio in questo momento.
Non mi giudicare, perché tra poco potrei stupirti.
Rendimi migliore, accettandomi per quel che sono.


Abbiate cura di voi e abbiate pensieri che vi facciano sentire migliori!
 

venerdì 22 agosto 2014

Ma ve lo ricordate Enzo Baldoni?

Tutte le volte che un giornalista, un volontario o un missionario vengono rapiti da qualche parte e poi giustiziati, a me torna in mente Enzo Baldoni.
Ho conservato un ritaglio di giornale del giorno in cui è stata data notizia della morte, è una foto spiritosa pubblicata dal Manifesto. Niente di strano che abbiano scelto una foto del genere, visto che Enzo Baldoni era uno che sapeva ridere. Di qualsiasi cosa.
Non so ancora spiegarmi perché la morte di questo giornalista freelance, di questo "viaggiatore curioso" come si definiva lui, mi abbia colpito così tanto.
Ho sempre avuto la sensazione che fosse stato abbandonato, che ci si fosse dimenticati di lui. La sua morte non è stata filmata, anzi, la sua morte rimane ancora un fatto poco chiaro.
Anche adesso ho la sensazione che ci si sia dimenticati di lui troppo in fretta.
E' morto il 26 agosto del 2004, si presume. I resti del suo corpo sono arrivati in Italia solo nel 2010 ...
Proprio perché non ci sono informazioni certe sulla sua morte, la mia mente ha cercato spesso di immaginare cosa fosse successo, cosa fosse andato davvero storto.
Ho immaginato che facesse caldo, che lui avesse caldo. Mi sono chiesta se gli davano almeno da bere. Ho immaginato che la rondinella d'acqua che lui aveva ideato per una famosa marca d'acqua in bottiglia, arrivasse a svolazzare fin là, portandogli un po' di sollievo.
Ho immaginato che fosse in un posto polveroso e che non ci fosse molta luce. Ho immaginato che potesse avere paura, che si stesse chiedendo cosa stava accadendo. 
Era uno che cercava notizie e le cercava vere, forse ha messo il naso dove non doveva?
Sul momento della sua morte non ho fantasie, solo speranze, che sia stata una morte senza torture, senza troppa sofferenza.
Ho la fantasia terribile che l'abbiano rapito credendolo qualcun altro, che abbiano capito solo dopo di aver preso un pesce piccolo (certamente non una spia), che nessuno avrebbe sollevato un polverone se lo ammazzavano. Se è così, hanno pensato bene.
Nessuno ha sollevato un polverone, qualcuno lo ricorda.
Ma il modo migliore per ricordarlo sarebbe dire la verità e riderci su.

Abbiate cura di voi ... e delle persone che vengono dimenticate.

mercoledì 30 luglio 2014

Curiosità

Oggi me la cavo con poco, ma questa citazione vale oro.
Curiosi di tutto il mondo: unitevi!!

Oh, io sono un mezzo fallito. Il poco che so lo devo al mio professore, Albert Sorel. "Cosa vuol diventare?", mi domandò. "Diplomatico." "Ha una grossa fortuna?" "No." "Può con qualche apparenza di legittimità aggiungere al suo cognome un nome celebre?" "No." "E allora rinunci alla diplomazia." "Ma allora cosa posso fare?" "Il curioso." "Non è un mestiere." "Non è ancora un mestiere. Viaggi, scriva, traduca, impari a vivere dovunque, e cominci subito. L'avvenire è dei curiosi di professione..."
 
 Dal film "Jules e Jim" di Truffaut
 
Abbiate cura di voi e della vostra curiosità!

giovedì 17 luglio 2014

Dispiaciuto

Come dice, scusi?
Ah, nessuno l'aveva informata che uccidere dei bambini su una spiaggia "per errore" e poi dire che Le dispiace è inopportuno?
Beh, dispiace a me doverla informare che è così.
Chiede a me, quando si può dire che qualcosa ci dispiace?
Allora, vediamo ... Umm ... direi, quando si entra per errore in una stanza e si interrompe una riunione importante o si scopre che era un bagno occupato, oppure quando si dimentica un compleanno. Ecco, cose così.
Eh, sì. Decisamente ammazzare dei bambini innocenti esce dalla casistica.
Mi chiede cosa dovrebbe dire?
(Ci penso) Credo non ci sia molto da dire, anzi, forse c'è da osservare il silenzio. Magari però ci sarebbe qualcosa da fare, la pace, e qualcosa da sospendere: la guerra e i bombardamenti.
Mi chiede come suggerisco di risolvere i conflitti? 
Beh, una mente molto più illuminata della mia suggerì, tempo fa, di trasformare le guerre in competizioni sportive. Io direi che potrebbe essere un'ottima soluzione. Intendiamoci, ci sono anche sport in cui ci si può tirare una bella gomitata su un occhio o un calcio lì dove fa più male, se proprio avete bisogno di violenza.
Oppure, ma continua a piacermi di più l'idea di prima, potreste chiudervi in una stanza voi cinque o sei, che siete quelli che muovono tutta questa baracca di mondo traendo beneficio dalle guerre, e prendervi a schiaffoni finché non sarete soddisfatti. Lasciando vivere tutti gli altri sette miliardi.
Come dice?
Ma si figuri! E' stato un piacere esserle stata utile. Arrivederci.
 
Abbiate cura di voi ... e auguratevi di non dovervi dispiacere per le cose sbagliate!
 

venerdì 4 luglio 2014

Letto di contenzione

 
Il corpo nudo
saldamente ancorato al letto
da cinghie di cuio.
Il letto inchiodato al pavimento.
Per una proprietà transitiva,
questo dovrebbe conferire stabilità
alla mia vita.
Invece, è il pavimento a scuotersi
e a squarciarsi,
lasciando intravedere il vuoto.
Ed è la  mia anima a rotolare fuori,
per restare in silenziosa contemplazione del caos.

(Ricordi dell'ospedale psichiatrico che riaffiorano in un pomeriggio di pioggia. Mi stavo chiedendo: qual è il vostro "letto di contenzione" in questo momento?)

Abbiate cura di voi e, se potete, sciogliete ora le cinghie di cuio. 


lunedì 30 giugno 2014

Michele, Michele, Michele

La situazione
 
La nonna accompagna Michele, un bambino di sei anni al parco giochi.
Lì Michele incontra Serena, una coetanea con cui inizia subito a giocare.
La nonna si siede su una panchina dalla quale può osservare tutto come uno sciacallo dalla gualdrappa (e non è un errore di battitura).
 
Ore 11.43
Sulla torretta dello scivolo, Michele sfida Serena a scendere usando il percorso che normalemente si usa per salire. Serena accetta.
Michele non ha il tempo di mettere la scarpa da ginnastica sul primo gradino.
La nonna (con voce petulante e non lo scrivo più perché ce l'ha sempre così): "Michele, non si scende da lì".
Michele: "Sì, lo so".
La nonna: "Se lo sai, perchè lo fai?"
Michele guarda la nonna e pensa: "Perché ho sei anni? Perché un po' di anticonformismo non ha mai ammazzato nessuno? Per sfida? Scegli tu". 
Però Michele è saggio e non dice nulla. Pensa.

Ore 11.47
La torretta dello scivolo è diventata una barca in mezzo al mare. Serena avvista una balena, che è sua amica, e Michele uno squalo, ma non si sa se sia un amico.
Michele scende dalla torretta.
La nonna (seria e petulante, lo so, avevo detto che non lo scrivevo più): "Michele, perchè, se c'è uno squalo, sei sceso dalla barca?"

Ore 11.50
Michele avvista un salmone  in mezzo al mare.
La nonna: "Michele, non ci sono salmoni nel mare. E tu lo sai".

Ore 11.52
Michele si sporge leggermente dalla torretta.
La nonna: "Michele, lo sai che la testa è più pesante di tutto il corpo e potresti cadere?"

Ore 11.55
Serena a Michele: "Io ho una mamma che lavora".
La nonna (prima che Michele possa fiatare): "Anche Michele ha una mamma che lavora".

Il mio commento
Michele, penso di interpretare il pensiero di molti se dico che sono con te, in tutto e per tutto.
Sono sollevata all'idea che anche tu abbia una mamma e non sia un orfano costretto a crescere con una nonna così. Spero che tua madre non lavori per molte ore al dì.
Spero anche che tu continui a immaginare salmoni in mare aperto, anche se lo sai che non stanno lì abitualmente, e che, in generale, tu possa continuare a spostare le cose da un posto ad un altro, almeno con la fantasia! Magari potresti immaginare un salmone che vive nello Spazio.
Mi auguro che tu possa conservare un minimo di anticonformismo, che nella vita non guasta mai.
E, infine, vorrei dirti che ... tua nonna, anche se petulante, è un essere umano ... quindi ha una scadenza!
 
Abbiate cura di voi ... e dei vostri salmoni alati!
 

mercoledì 18 giugno 2014

Potere

Dietro la coltre di nebbia che le innumerevoli sigarette che stai fumando innalzano intorno a noi, mi dici con leggerezza, ma  con attenzione alle pause per creare il giusto effetto, che conosci gente influente che può farmi ottenere quel che tu desideri.
Dalle prime parole che hai pronunciato, è iniziato il tuo esercizio del potere.
No, non temere, non ti giudico per questo. Tutti esercitiamo (chi più chi meno) una nostra forma di potere (a volte occulta, a volte esplicita).
Per buona parte della nostra conversazione, la tua maschera ha retto molto bene. Con destrezza, hai tessuto un filo tra di noi, sul quale io avrei dovuto camminare come una sonnanbula per passare dalla tua parte e cadere poi nella trappola che tu avevi preparato per tempo.
Mi hai parlato del bene comune, dell'esigenza di fare in fretta, mi hai passato una bustina di zucchero che profumatava di un veleno che conosco bene: il senso di colpa.
Probabilmente, mi hai inquadrata nel primo istante in cui mi hai vista e avrai concluso che ero fin troppo facile da catturare.
Adesso è il momento di controllare che tutto sia a posto e sbirci la mia posizione sul filo. 
Ma ...  un momento ... sorpresa! Io sul filo non ci sono. Sono ancora seduta dov'ero prima e continuo a guardarti con l'espressione dolce e comprensiva che Madre Natura mi ha dato in dotazione.
Quella stessa espressione che temo ti abbia fatto fare il primo errore di valutazione. 
Mi scuso, non lo faccio a posta. E poi io sono davvero una persona tendenzialmente gentile, dolce e comprensiva, anche se questo non significa che mi piaccia essere manovrata ( e questo è stato il tuo secondo errore).
Il disappunto causato dalla mia resistenza provoca un brivido alle tue narici, ma non ti arrendi. Forse sono solo dura di comprendonio, così, "parladomi con franchezza", mi rispieghi con maggiore energia il punto. Nel farlo, però, ti agiti troppo e un pezzo della maschera si scolla. Un angolo penzolante rivela la pelle squamata e verde, la tua vera pelle.
Se tu avessi ascoltato le mie parole e preso in considerazione la mia posizione da subito, adesso non ci troveremmo a questo punto.
La maschera scivola ancora un po' e la tua condizione è ormai evidente. Dietro il bene comune si intravede l'interesse personale e dietro la mia espressione gentile comincia a delinearsi la posizione di una persona che non ha intenzione di darti ragione o di fare quel che desideri solo perché conosci i potenti.
Piano piano molli la presa. Ci congediamo e tu tra un paio di minuti mi avrei dimenticata, perché non ti servo più. 
Io invece mi ricorderò di te.
No, non è una minaccia (non mi piacciono le minacce).
Prendila come una promessa.

Abbiate cura di voi ... e del vostro esercizio del potere.

lunedì 9 giugno 2014

Estate!

Colta alla sprovvista, impreparata. 
L'estate è un argomento che non vorrei mai affrontare.
La vorrei scansare, 
posticipare  a un momento che sia più autunnale.
L'estate non è la stagione dell'anima mia!
L'estate è eccessiva, antiecologica quasi.
Disperde troppo caldo in troppa luce.
Non sai più dove nasconderti 
e non sai più da chi ti nascondi,
in un gioco a chi cerca e chi trova,
che poi  ti trovi da solo a giocare, perché gli altri sono andati in vacanza.
E persino ritrovare me stessa d'estate diventa fastidioso.

Perdonate questa anti-ode alla stagione che da sempre mi mette in difficoltà ... almeno quanto il Natale!

Abbiate cura di voi e delle  vostre stagioni dell'anima!


venerdì 6 giugno 2014

Stimoli per l'anima

Oggi me la cavo con "poco", ma questa breve poesia merita davvero.

"Chiudilo pure in gabbia,
ma è grande, 
e le punte usciranno sempre.
Se l'uomo è una stella".

Alessandro Bergonzoni dalla raccolta L'Amorte.

Abbiate cura di voi ... e delle vostre punte stellari!

giovedì 29 maggio 2014

Ogni 22 minuti

Il tuo corpo di donna appena formato è perfetto per i miei scopi.
Il tuo anomimato, il tuo essere una tra tante, rende tutto più semplice. Pochi piangeranno per te, pochi ti cercheranno.
La violenza che ora userò sul tuo corpo di intoccabile andrà ad ingrassare statistiche già traboccanti.
Mi muovo da solo o in branco, coperto dal silenzio di chi non denuncia e dalla connivenza di chi dovrebbe proteggerti. Quando avrò finito, non dovrò nemmeno preoccuparmi di occultare il corpo.
Il mio potere su di te è assoluto, perché sei solo carne e ossa. Nulla di più.

Se sopravviverai abbastanza, conta i secondi che velocemente compongono 22 minuti perché, a quel punto, un'altra come te ci sarà.

(In India, ogni 22 minuti, avviene uno stupro. L'India è un paese di grandi contraddizioni, nel quale nascere donna è quasi una condanna a morte, ma non è il solo).

Abbiate cura di voi e del peso che hanno 22 minuti nella vostra vita!



lunedì 5 maggio 2014

12 porte di maggio

Non mi piace utilizzare i post per le mie solette pubblicitarie ... anche se il blog in effetti è mio ...
Questa volta, però, ho di fronte un mese così ricco che sento di dover scrivere due righe per rendervi partecipi di quel che accadrà.

Questo mese sarò come il prezzemolo. Con il mio libro mi troverete ovunque. Nel bar sotto casa: ad intrattenere una folla di uno (l'unico che sono riuscita ad agguantare!). Al supermercato: sopra una cassa di pomodori a declamare passi. In ufficio: alla macchina del caffé a distribuire autografi non richiesti sulle salviette delle brioches.
Per strada: a gettare libri contro i passanti.

Iniziamo con venerdì 9 maggio.
Dalle 17 alle 19 sarò ospite di una performance molto carina al Salone del Libro di Torino (sala Argento). Un confronto tra esordienti piemontesi (tra cui io) e l'attrice e performer Chiara Trevisan, conosciuta anche come "La Lettrice vis-à-vis".
Frammenti dei nostri libri ci saranno riproposti (come una peperonata) a mo' di risposta alle nostre domande sulla vita.

Il 23 maggio, presso la libreria AmicoLibro di  Bordighera, presenterò il mio libro.
Maggiori dettagli li troverete in seguito alla sezione "Eventi" di questo blog.

Il 26 maggio alle 18 andrà in onda una mia intervista per la rubrica "Volta Pagina" di Radio Energy.

Il 31 maggio alle 17, presso la libreria Belgravia di via Vicoforte a Torino, ci sarà una presentazione del mio libro accompagnata dalle immagini create dalla mia preziosa Sara Bertorello e dalle letture di Andrea Castellini.

Infine, da maggio sarà visibile un breve video su "12 Porte" creato da Sara Bertorello. Ovviamente sarà mia cura avvisarvi sulla data precisa dell'uscita.

In buona sostanza, questo mese accadrà quel che non è accaduto in due anni ... suona un po' profetico, lo so.
That's all folks!

Abbiate cura di voi!

mercoledì 30 aprile 2014

Data di scadenza

Hanno fissato una data e un'ora precisa. Il luogo lo sai da quando ti hanno condannato. Adesso la tua vita ha una scadenza, come la carne in scatola.
Sei clamorosamente colpevole o sei velatamente innocente? Non ha importanza se a distanza di anni scopriranno che è stato un errore oppure se ti verranno imputati dei nuovi capi di accusa, di cui non si era a conoscenza, ora hai una data di scadenza.
Ti sei pentito o no? Hai chiesto scusa o perdono a chi hai causato sofferenza? Avresti desiderato riscattare quel che rimaneva della tua vita, conducendola in maniera diversa,  rifaresti quel che hai fatto se potessi oppure il pentimento è tale che questa condanna arriva come una liberazione? Non importa, perché adesso hai una data di scadenza.
Che sentimenti affollano il tuo cuore, comprimendolo prima ancora che lo faccia l'iniezione letale che ti spareranno nelle vene? Hai paura? Sei angosciato o hai anestetizzato la tua anima? Hai confidato a qualcuno (un parente, un amico, un prete) quel che provi o morirà tutto con te? Perché quel che si prova a essere giustiziati lo sa solo il condannato. Sei riuscito a cenare ieri sera o hai digiunato con lo stomaco contratto per il panico? Non ha importanza, perché hai una data di scadenza.
Arriva una notizia. Quello che doveva essere giustiziato prima di te, Clayton, è morto male, se così si può dire. Qualcosa è andato storto. Hanno rinviato la tua esecuzione. Ora, non hai più una data di scadenza.
Come ti senti?
Non ha importanza.

Abbiata cura di voi e della vostra compassione.


giovedì 17 aprile 2014

Giudizio & Pregiudizio

Ci sono molti motivi per cui dovremmo smettere di giudicarci e, quindi, di giudicare il prossimo.
Quasi mai il giudizio si rivela fondato. Spesso pesa come una pietra sulla nostra o altrui testa, ma, anche quando coglie una piccola parte di noi, tralascia grandemente il resto.
E' un forte inibitore della crescita personale e crea dei veri e propri danni nei più giovani.
Quando lo esprimiamo apertamente nei confronti di qualcuno, è come se ci volessimo elevare sopra le parti costringendo l'altro a meritare il nostro favore. E questo vale anche per il giudizio positivo.
Quando stiamo giudicando, abbiamo smesso da un pezzo di ASCOLTARE.

Se il giudizio è così inefficace e dannoso, il pregiudizio che, lo dice la parola stessa, viene prima del giudizio, è il terreno in cui crescono ignoranza e restrizione mentale.
Quando lo esercitiamo, crediamo di sapere quello che qualcuno dirà ancora prima che apra bocca (e ci perdiamo le meravigliose parole che avremmo potuto ascoltare).
Crediamo di sapere il colore degli abiti dell'altro ancora prima che questi si sia tolto il cappotto e sappiamo già cosa pensarne.
Crediamo di sapere tutto su altre culture, su altri paesi, e non ci siamo mai mossi da casa neanche con la fantasia (che peraltro soccombe in presenza del pregiudizio).
Crediamo di aver esplorato la mente di molti altri e di conoscerla a menadito, quando a malapena siamo consapevoli dei nostri pensieri.
Ora dimenticate quello che ho scritto ed esercitiamo l'astinenza del giudizio e dal pregiudizio, anche e sopratutto nei confronti di chi giudica.

Abbiate cura di voi e ... non giudicatevi né prima né dopo!

giovedì 3 aprile 2014

La giusta prospettiva

Ieri leggevo il post che  un caro amico ha pubblicato in occasione del suo compleanno: "Compiuti 60 anni. Non era garantito".
Il commento era chiaramente in chiave ironica e mi ha fatto riflettere.
Non è garantita la durata della nostra permanenza su questa terra (o su questa Dimensione).
Molti, a questo punto, avranno lasciato la lettura annusando aria di depressione, per dire poco.
Per quelli che rimangono, invece, dirò ancora due cose.
L'idea di non sapere con certezza per quanto tempo vivrò non crea in me pensieri tristi, almeno in questo momento. Piuttosto, mi affascina la prospettiva che l'imprevedibilità della morte getta sulla nostra vita.
Come spenderesti il tuo tempo oggi, considerando che non sai per quanto tempo starai qui?
Come svolgeresti i compiti che comunque sei chiamato a svolgere?
Quali relazioni umane (e non) continueresti a intrattenere?
Come parlesti a tuo figlio, alla tua compagna o al tuo compagno?
Che sentimenti sceglieresti di voler provare? Che pensieri coltiveresti?
Cosa vorresti dire che non hai mai detto? E a chi?
Cosa vorresti fare che non hai mai fatto?
Viviamo avendo fretta, ma senza considerare il tempo e le occasioni sprecati.
"La Vita è ciò che ti succede mentre fai altri progetti".
A testimonianza, una volta di più, che Vita e Morte non sono due opposti, la prospettiva della Morte ci può regalare la giusta angolatura da cui osservare la nostra Vita. 

Abbiate cura di voi ... e del tempo che rimane!

mercoledì 26 marzo 2014

Imbuti

Ieri mi hanno detto che i libri ben scritti sono come gli imbuti (e qui saluto il caro Corrado Guzzanti) : partono ampi, con molte variabili, e poi si restringono fino a costringere il lettore nell'unica direzione possibile ...il finale.
Chiaramente io non sono una scrittrice di buoni libri. I miei (oltre a restare sconosciuti ai più) sono più come ombrelli aperti in un giorno di vento: hanno una loro forma, ma si aprono a molte possibilità, e poi volano via quando meno te lo aspetti.
Difficilmente raggiungerò la notorietà e, se lo farò, sarò forse già morta, come è già successo a molti. Solo spero non mi capiti quel che è accaduto alla scrittrice Mary Webb che raggiunse la notorierà dopo la morte e, ironia della sorte, a beneficiare del successo fu il marito che l'aveva lasciata per una donna più giovane! (Vedi anche il post su http://dragonfly.doppiopasso.it/?p=214)
O forse mi reincarnerò in fretta e leggerò i libri che avevo scritto nella mia vita precedente (nel frattempo diventati dei must). Alle prime righe, alzerò lo sguardo con aria pensierosa e mi dirò: "Ummm, questo l'ho già letto ... ma dove?"

Abbiate cura di voi e, se potete, non siate degli imbuti!

sabato 15 marzo 2014

Potature

Si sta concludendo quel periodo dell'anno in cui le piante, da frutto o ornamentali, vengono potate in vista della stagione primaverile.
Si pota per eliminare i rami secchi, rovinati del freddo o dalla neve. Si pota per mettere la pianta in condizione di produrre fiori e frutti.
Si legano i rami a dei supporti perché prendano una giusta direzione e si creano dei supporrti dove necessita.
Lo dico? Lo dico: primavera, tempo di rinascita (lo si dice talmente spesso che oramai ha perso un po' del suo fascino).
Ma la primavera non è solo quel momento in cui tutto germoglia, è anche il momento di fare pulizia, di tagliare quello che è vecchio e malandato per lasciare più spazio e forza al nuovo.
Ringraziamo ogni singolo ramo e foglietta secca per aver dato il loro contributo alla pianta, ringraziamo anche i rami verdi e pieni di gemme che vengono sacrificati per dare più vigore all'insieme, però adesso è tempo di salutarli e lasciarli andare.
E' tempo di potatura anche nella mia vita (no, non vado dal parrucchiere)  ... e per voi?

E primavera sia!

Abbiate cura di voi e ... delle vostre potature.


lunedì 10 marzo 2014

Capitani coraggiosi

Tutte le volte che mio figlio si prepara a sfoderare il suo lato eroico, parte da una condizione che può sembrare anomala.
Poco prima di buttarsi in un'impresa, il suo viso è attraversato da una gamma di emozioni fortissime: smarrimento, indecisione, paura, ( a volte) un pizzico di disperazione.
Poi, la svolta. Qualcosa fa click e lui ha già deciso, è già pronto, è già partito.
Scala vette altissime, si getta dall'alto (sotto c'è il materasso!), affronta le separazioni più dolorose.
Verrebbe da dire che ogni atto di coraggio sia preceduto da un momento di paura (o simili).
Del resto, è meno coraggioso o più coraggioso colui che prova paura e, nonostante questa, riesce in quel che desidera?
Certo, abbiamo la testa piena di immagini di eroi che non chiedono mai.
Ma che atto di coraggio è, se non hai provato la paura prima?
E' un atto di coraggio solo perché altri non ce l'avrebbero fatta?
Tanto più forte è il timore e tanto più grande è l'atto di forza che ne consegue.
E' un incitamento a tutti i "fragili" in ascolto. Non si è solo fragili se ci si riesce a barcamenare nella vita nonostante la propria presunta fragilità, si è forti.
L'atto eroico che compiremo è già in nuce in quel fremito di paura che sembra bloccarci. 
Il coraggioso entra in scena quando meno te lo aspetti e mette a segno il colpo decisivo.
Il cuore e lo zaino oltre l'ostacolo, capitani coraggiosi!

Abbiate cura di voi ... e dei vostri atti di pauroso coraggio!

lunedì 10 febbraio 2014

No, è blu!

Per mio figlio in questo periodo le cose sono tutte blu. Quelle che effettivamente lo sono e quelle che, a prima vista, sembrerebbero di un altro colore.
Facendo un gioco all'asilo, le maestre hanno mostrato un oggetto che i più avrebbero indicato come rosso e tutti i bimbi si sono affrettati a rispondere: rosso!
Poi, solitaria, ma decisa, si è sollevata la voce del mio pargoletto che ha puntualizzato: "No, è blu!"
Le parole sono usate come convenzioni, etichette attaccate a oggetti per non dover passare una giornata a spiegare: "Vai a prendermi la forbice gialla in cucina, per favore". (E poi andiamo a prendercela da soli perché ci siamo stufati di mimare!)
Hanno una loro vita, un loro profumo, una loro musicalità, una loro spiritualità ed è per questo che non la perdono neanche quando vengono spostate. Ed hanno molto potere: definiscono tutto il nostro mondo.
Allora, per continuare la riflessione iniziata con il post "L'unione degli inconciliabili", vi proporrei questa settimana di provare a spostare le parole (i nomi, gli aggettivi, i verbi, quello che volete) di alcune cose e di immaginarle sotto una nuova luce.
Possiamo giocare con i colori: come sarebbe il mare se fosse rosso? Il mondo non sembra tutto più fiabesco se spostiamo i colori?
Possiamo giocare con i sostantivi e gli aggettivi: immaginiamo di chiamare il nostro amico leghista "immigrato cladestino", come sarebbe? (Incredibile! Lo sto facendo in questo momento e sbarcando da un cencioso relitto del mare sembriamo un po' tutti disperati e bisognosi di cure. Ma forse questo gioco non piacerà a tutti!)
Possiamo giocare con i verbi: invece di "devo", possiamo dire "voglio"  e vedere cosa succede a tutte quelle situazioni in cui ci sentiamo costretti a fare qualcosa. Vi assicuro che la trasformazione è garantita.
Infine, possiamo dare un nome più simpatico o canzonatorio a cose, o persone, che ci stanno antipatiche. (Per esempio, possiamo chiamare "trottolino amoroso" il capo che ci scaravanta sulla testa una valanga di lavoro).
E ricordiamoci che anche se tutti definiscono una cosa in un certo modo, non significa che dobbiamo fare altrettanto.
"Tutti sanno che una cosa è impossibile da realizzare, finché arriva uno sprovveduto che non lo sa e la realizza". (Albert Einstein)

Abbiate cura di voi e ... di tutto ciò che ( a dispetto di tutto) vi sembra blu!




martedì 21 gennaio 2014

Il mondo editoriale capovolto

Ho sognato un mondo editoriale capovolto, nel quale gli editori vagano infreddoliti per le strade, ricoperti di un pesante e cencioso mantello marrone, alla ricerca di un esordiente che volesse concedere loro il privilegio di pubblicare una sua opera.
I grandi scrittori hanno smesso di cedere i loro scritti per solidarietà con i meno fortunati, per protesta contro un mercato che pubblica quel che vende e non quel che vale. 
(Lo so, state pensando che non si può vendere qualcosa che nessuno compra. Certo, ma anche condizionare le persone facendo trovare nelle librerie solo schifezze approvate dal sistema non è una bella cosa! Andiamo avanti ...)
Gli scrittori "commerciali-commerciabili-commestibili" sono stati inceneriti e spazzati via da una bufera.
Nelle strade deserte, un editore cammina solo, al buio. Vede una casa illuminata e si avvicina fiducioso. A quella porta non ha ancora bussato, forse lì si nasconde un vero esordiente.
Bussa timidamente e una luce calda gli illumina il viso, quando un uomo gli apre la porta.
"Sì?" 
"Buonasera, signore. Sono un umile editore e cerco esordienti".
L'uomo sorride bonario. "Ma lo sanno tutti che non ce ne sono più. Li avete fatti estinguere".
L'editore abbassa il capo mortificato. E' vero, li avevano eliminati tutti a furia di rifiuti.
Stava per andarsene, quando notò quello che l'uomo reggeva in mano: un foglio ... scritto!
Trascinato dall'entusiasmo, cerca di afferrare il pezzo di carta, ma l'uomo lo sposta velocemente. "Cosa pensa di fare?"
"Vi prego, solo una sbirciatina" supplica l'editore.
"Ma è solo la lista della spesa" obietta l'uomo.
"Nella mia vita ho pubblicato cose molto meno interesssanti, mi creda" ammette l'editore.
"E ne vediamo i risultati! Buonanotte, signore"
L'uomo chiude la porta e l'editore si ritrova di nuovo al buio, perduto.
Sulla strada altri come lui.

Sento un rumore alla porta e vado a vedere chi è.
Mi trovo davanti due occhi per nulla mortificati, che non mi chiedono certo di poter leggere quello che ho scritto, gli occhi del cane che ho dimenticato in giardino.
"Dai, entra" dico con un sospiro.

Abbiate cura di voi! ... e di quello che scrivete.

giovedì 9 gennaio 2014

L'unione degli inconciliabili

"Dopo tanto cosare nella mia testa" (re Julian in "Madagascar 1"), sono giunta alla scoperta dell'acqua calda.
Da Adamo in poi, l'uomo vive tracciando confini e cercando di definire ciò che incontra: distinguendolo, sezionandolo, nominandolo. 
Nobile iniziativa. La vita si è molto semplificata da quando possiamo dire a chi incontriamo per la strada: "Attento! C'è un elefante che sta procedendo a grandi passi verso di te!" e quello, capendo ciò che diciamo e avendo un'idea dei danni che può fare un elefante sulle costole, si sposta.
Il guaio (ce n'è sempre uno, avete notato?) è che ci siamo illusi che i confini e le definizioni che abbiamo creato siano la realtà e la possano esaurire.
"La mappa non è il territorio" (Alfred Korzybski)
Pensate a quante guerre ci saremmo evitati, se ci fossimo resi conto che il confine per il quale ci stavamo (o ci stiamo) ammazzando era pura illusione.
I confini che inventiamo per semplificare le cose, creano l'interessante fenomeno degli opposti.
Se dico che questa è la luce, definisco la sua assenza "buio".
Se dico che questo è bianco, allora indico con "nero" il suo opposto.
Se dico che sei una persona coraggiosa, suppongo forse che tu non sia pauroso? Sì? No?
Questa è una delle ricadute più controverse nell'uso dei confini e degli opposti.
Più spesso di quanto crediamo, finiamo per pensarci, e per pensare il mondo, con solo uno dei termini che definiscono la coppia di opposti.
Durante la Guerra del Golfo, gli Americani dissero che andavano ad estirpare il Male, decidendo che loro fossero l'incarnazione del Bene. E temo che chi era a favore della guerra lo credesse davvero.
Altra ricaduta: se sto affrontando una paura, un problema, spesso sarò assorbito da un solo lato della questione, dimenticando il suo opposto.
Per esempio: se cerco di affrontare una mia paura, posso cercare di conoscerla, di affrontarla. Ma le paure, si sa, sono pozzi senza fine. Inizi a conoscerle e, a volte, ti perdi. Un aiuto potrebbe venire dal potenziamento del nostro lato coraggioso (il lato opposto). Sicuramente, lui la paura la padroneggia meglio e, inoltre, potrebbe avere qualcosa da dirci sulle paure. Qualcosa che può tornare utile.
Il fatto è che ci illudiamo di essere fatti in un solo modo. Scegliamo una linea che ci definisca e ce ne stiamo trincerati dietro, lanciando sassi a quelli che stanno dall'altra parte.
"Io mi contraddico. Io contengo moltitudini" dicevaWhitman.
Siamo tutto quello che diciamo di essere e siamo anche il contrario di tutto ciò.
Quello che considero uno dei miei maestri amava dire durante le supervisioni "E' tutto vero ... E' tutto falso".

Abbiate cura di voi e ... dei vostri opposti.